Introduzione: che cos’è l’osteoporosi
L’osteoporosi è un disturbo che si caratterizza essenzialmente per una riduzione della densità minerale delle ossa che, quindi, diventano più fragili e sono maggiormente esposte al rischio di fratture.
L’osteoporosi è tra le malattie che vengono comunemente associate all’avanzare dell’età: in realtà i sintomi possono comparire anche piuttosto presto. In linea di massima il picco di densità minerale delle ossa si raggiunge intorno ai 25 anni. Ecco perché è importante arrivare “preparati” a questa età, ovvero con un livello di calcio adeguato per permettere alle ossa di restare in forza negli anni successivi e con l’invecchiamento.
Detto questo è vero che statisticamente a soffrire di osteoporosi sono soprattutto le donne che hanno superato i 50 anni: dopo questa età sono a rischio di frattura dovuta a problemi di osteoporosi (cd frattura da fragilità ossea), una donna su due e un uomo su otto. Questo tipo di frattura si caratterizza per la non gravità dell’evento causante che può essere una lieve caduta o perfino uno starnuto.
Alcune ricerche parlano di una frattura di questo tipo ogni 3 secondi nel mondo. E le statistiche non possono che peggiorare visto l’aumento dell’aspettativa di vita.
Cause dell’osteoporosi e fattori di rischio
A differenza di quanto si potrebbe pensare, il tessuto osseo non è “statico”: il processo di rimodellamento osseo segue un equilibrio tra riassorbimento (erosione di piccole cavità ossee per azione degli osteoclasti) e la fase di deposizione (riempimento delle suddette cavità con un nuovo osso calcificato). Queste due fasi in condizioni normali si alternano con cicli consecutivi della durata totale di 90 giorni l’uno.
Calcio e fosfato sono i due minerali essenziali per la crescita e la formazione delle ossa. Per questo se un soggetto ha carenza di calcio è esposto maggiormente al rischio di fratture. Soprattutto con l’avanzare dell’età bisognerebbe seguire una dieta ricca di calcio e, all’occorrenza, integrare eventuali carenze con supplementi.
Cause di osteoporosi
Tra le cause di ’osteoporosi c’è anche uno squilibrio ormonale. Ci sono poi altre condizioni che possono determinare o più verosimilmente peggiorare problemi di osteoporosi in essere e che sono problemi di tiroide, cancro alle ossa, alcuni disordini di natura genetica e anche alcuni farmaci.
Fatta questa premessa non stupisce sapere che le persone più a rischio di avere problemi di osteoporosi sono le donne, soprattutto se in menopausa. Altri fattori di incidenza del rischio sono: consumo di alcol, fumo, vita sedentaria, problemi di anoressia o bulimia. Ma come capire se si soffre di osteoporosi?
Osteoporosi: sintomi e diagnosi
Quando insorge l’osteoporosi può essere asintomatica. Con il progredire del problema però si può iniziare ad avvertire dolore alle ossa o ai muscoli, soprattutto alla schiena e al collo. Ecco perché tutte le persone potenzialmente a rischio (perché rientrano nel target di cui abbiamo parlato sopra al paragrafo precedente) dovrebbero vedere un medico in via preventiva, soprattutto se manifestano i dolori appena descritti e prima che la situazione degeneri.
Come prima cosa di solito il medico ricostruirà il quadro clinico del paziente per escludere familiarità con l’osteoporosi. Esami per misurare la densità minerale ossea aiutano a fare una diagnosi di osteoporosi (o osteopenia, che è un preambolo dell’osteoporosi in molti casi). Chi soffre di osteopenia ha un T-score compreso tra -1 e -2,5 DS (dove DS indica il numero di deviazioni standard).
L’esame che permette di fare una diagnosi di osteoporosi (o al contrario di escluderla) è la densitometria ossea (MOC) a raggi X doppia energia (DEXA). Inoltre è consigliato eseguire una radiografia della colonna vertebrale per evidenziare eventuali fratture vertebrali (crolli o schiacciamenti), che nella metà dei casi avvengono senza sintomi evidenti.
Di solito se presa all’inizio, basta una integrazione vitaminica per curare l’osteoporosi. Se invece il paziente ha già avuto una frattura da osteoporosi o presenta elementi di rischio alti i medici potrebbero ritenere necessario associare una terapia farmacologica.
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